Un’influencer cinese di 24 anni perde la vita in diretta social mentre si ingozza di cibo. Tutto per colpa della food-follia online (o mukkbang).
Nel mondo frenetico dei social media, dove ogni giorno si cercano nuove frontiere per accaparrarsi visibilità e follower, una nuova, pericolosa moda ha recentemente fatto una vittima. Una ragazza di 24 anni, conosciuta sui social per le sue sfide alimentari estreme, ha perso tragicamente la vita in diretta mentre si cimentava in un’altra prova di forza e resistenza: ingurgitare più cibo possibile per ore, un fenomeno noto con il nome di mukkbang. Ma cosa spinge giovani influencer a mettere a rischio la propria salute in cambio di visualizzazioni? E soprattutto, è possibile porre un freno a queste folli competizioni online?
Cos’è il mukkbang coreano
Originato in Corea del Sud oltre un decennio fa, il mukkbang unisce le parole “mokta” (mangiare) e “bangsong” (trasmettere), cosa che spiega perfettamente di cosa si tratta: mangiare grandi quantità di cibo davanti a una telecamera per il divertimento dei propri spettatori.
Pan Xiaoting, la ragazza al centro della tragica notizia, era diventata un’icona di questo discutibile “sport”, spingendosi oltre i limiti umani finché un eccesso le ha fatalmente causato la morte, sotto gli occhi di chi la seguiva online.
Altre sfide estreme sui social
Il fenomeno del mukkbang non è l’unico esempio di come il web possa essere palcoscenico di gare estreme legate al cibo. Ci sono state numerose altre sfide, alcune delle quali hanno portato a conseguenze letali.
In Cina, dove Pan viveva e produceva i suoi contenuti, è dal 2019 che è proibito sulle piattaforme social partecipare a quel genere di sfide, non solo per proteggere la salute dei partecipanti ma anche come misura contro lo spreco alimentare. Nonostante ciò, la vicinanza culturale e geografica con la Corea continua a fare di queste defy una pratica purtroppo comune tra i giovani influencer alla ricerca di notorietà .
Verità o fake news?
La narrazione di questa tragedia sui media e social media ha sollevato interrogativi anche sul modo in cui viene rappresentata. È emerso che alcune fonti hanno scelto di illustrare l’incidente con foto ingannevoli, utilizzando immagini di altre persone in contesti totalmente diversi, alimentando così una narrazione distorta. Questo pone l’accento sulla responsabilità dei media nell’informare correttamente il pubblico, evitando di perpetrare falsità o di abbellire storie già di per sé dolorose e complesse.
La morte di Pan Xiaoting getta luce su una realtà spesso oscurata dai riflettori e dall’attenzione che inevitabilmente attirano le “prestazioni” estreme. Rappresenta un campanello d’allarme sulla necessità di promuovere una maggiore consapevolezza sui pericoli legati all’abuso dei social media e alla ricerca ossessiva di conferme e approvazione online. Resta da vedere se e come le piattaforme social e la società nel suo complesso riusciranno a trovare un equilibrio tra la libertà di espressione e la tutela della salute e della sicurezza delle persone.